Di Simona Fanini
Supervisione scientifica: Prof. Dr. Med. Andrea Cusumano
Occhio e ricerca: beyond blindness è il titolo del Simposio Macula Today 2018, che si è svolto lo scorso 15 ottobre presso il Rome Cavalieri, Waldorf Astoria Hotel & Resort – Sala Terrazza Monte Mario.
Per il quarto anno consecutivo la Fondazione “MACULA & GENOMA FOUNDATION ONLUS” ha intrapreso l’iniziativa di radunare intorno ad un tavolo esponenti internazionali, oculisti, genetisti e ricercatori, per comunicare direttamente con e ai pazienti – non vedenti o con gravi disabilità visive – le possibilità di “riemergere dal buio” in seguito ai più recenti studi sperimentali e clinici in campo oftalmologico, presentando dei risultati unici, in esclusiva assoluta per l’Europa, in campo tecnologico e farmacologico.
La fondazione Macula & Genoma sottolinea il fatto che l’evento non riceve alcun tipo di finanziamento da parte di altre organizzazioni, né da parte di compagnie farmaceutiche o di soggetti profit in ambito oftalmologico, ma è frutto di fondi propri, dell’impegno dei fondatori e della collaborazione con soggetti no profit, quali l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti e della International Agency for the Prevention of Blindness – IAPB del Lazio.
Il noto autore e conduttore di rubriche di interesse medico scientifico, Dr. Michele Mirabella, ha coordinato l’intero convegno offrendo spunti di riflessione al termine dei vari interventi. Il conduttore, dopo una breve presentazione, ha dato il via ai lavori con il primo intervento tenuto dal Prof. Andrea Cusumano, Docente di Oftalmologia presso le Università di Roma Tor Vergata, Rheinische Friederich -Wilhelms di Bonn e Cornell University di New York.
Cusumano ha fatto luce sulle più recenti novità in campo oftalmologico, partendo dal tema della Terapia Genica in oftalmologia, spiegando quale sia il modo di correggere il cattivo funzionamento di specifici geni che sono responsabili di gravi patologie oculari e il ruolo di Hub che la Macula & Genoma Foundation sta svolgendo nell’arruolamento di pazienti che soffrono di gravi disabilità visive e che possono essere dei candidati a questo tipo di terapia.
Quando si parla di Terapia Genica, ci spiega Cusumano, dobbiamo ricordare che il gene è una parte di un frammento di Dna ed ha la capacità di esprimere una proteina. A questa proteina corrisponde generalmente una funzione strutturale o biologica. Se il gene è assente o difettoso non ci sarà l’espressione della proteina, e quindi la funzione. Ad oggi l’ingegneria molecolare e l’ingegneria genetica ci permettono di introdurre all’interno della cellula malata, un gene terapeutico. Tale gene fa sì che la funzione dell’occhio venga ripristinata e che il Dna che occorre per esprimere la proteina mancante, venga trascritto. Per fare ciò ci serviamo dei virus, che ovviamente sono attenuati e dunque non scatenano alcuna reazione immunitaria ma permettono di trasferire il gene terapeutico al loro interno, ricominciando ad avere una funzione.
Il secondo ad intervenire è stato il Prof. Emiliano Giardina, genetista dell’Università degli studi di Roma “Tor Vergata” e del Laboratorio di Genetica Molecolare ULDM – Fondazione Santa Lucia, sul tema della farmacogenetica e della farmacogenomica, approfondendo gli studi sull’influenza delle caratteristiche genetiche individuali sulla risposta dell’organismo a un farmaco. Giardina ha spiegato come da un’analisi del DNA di un individuo è possibile determinare il miglior percorso terapeutico da intraprendere (per quell’individuo e non per un altro) per trattare una determinata patologia oculare, aumentando così la probabilità di risposta positiva alla terapia e allo stesso tempo riducendo il rischio di eventi avversi.
Molto atteso l’intervento del Prof. Daniel Palanker del Department of Ophthalmology and Hansen Experimental Physics Laboratory dell’Università di Standford in California, che ha spiegato l’utilizzo delle protesi fotovoltaiche nel ripristino della visione in pazienti affetti da degenerazione maculare. Sono incredibili i passi avanti che si stanno facendo verso una retina artificiale con il potenziale di ridare in parte la vista a milioni di pazienti nel mondo. Palanker ha sviluppato e impiantato un chip sottoretinico miniaturizzato (di appena 2 millimetri di diametro) per la prima volta in 5 pazienti con degenerazione maculare senile, malattia della retina che rappresenta oggi la prima causa di cecità nel mondo occidentale e per la quale si può fare ancora poco. I pazienti trattati, non vedenti, hanno acquisito la capacità di vedere lettere molto grandi e anche una limitata capacità di lettura. Alla preziosità di dati come questi si aggiunge la testimonianza diretta del Professor Cusumano che nel 2017 ha partecipato al primo intervento eseguito presso la Fondazione E. Rotschild di Parigi. Il microchip è assolutamente innovativo rispetto a quelli fin qui sperimentati su pazienti con malattie ereditarie della retina ed è promettente per i pazienti con maculopatia avanzata. La sua grandezza è di 2 millimetri per 2 millimetri e contiene quasi 400 minuscoli sensori ottici (fotodiodi) che trasformano le immagini in segnali elettrici che vengono poi inviati al cervello – si infila sotto la retina con un intervento mininvasivo della durata di circa un’ora. Il chip non ha cavi di collegamento e viene attivato e alimentato dagli occhiali (su cui si monta una minitelecamera) indossati dai pazienti. Quindi il microchip non ha bisogno di batteria. Nell’ambito di questo studio pilota saranno operati 10 pazienti, tutti con degenerazione maculare ‘atrofica’ – la forma più diffusa e non curabile, che riguarda l’80% di tutti i pazienti con maculopatia – evoluta nello stadio terminale.
Al termine del terzo intervento, sale al podio il Componente dell’Ufficio di Presidenza dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS APS – Eugenio Saltrel – che nel portare il saluto della Presidenza Nazionale, si complimenta per l’interesse che gli argomenti suscitano nella platea, nonché per la serietà scientifica con la quale essi vengono comunicati ai pazienti e rafforza con entusiasmo la sinergia tra la Fondazione Macula & Genoma e l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, in particolare complimentandosi con il Consiglio Regionale del Lazio e il suo Presidente Claudio Cola, che ha fortemente creduto in nell’ iniziativa.
Il Prof. Michel Gorin (UCLA ad Jules Eye Isntitute, USA) ha illustrato i risultati degli ultimi studi di genetica riguardanti le Distrofie Retiniche ereditarie, mettendo in luce le più recenti acquisizioni sulle alterazioni genomiche responsabili delle degenerazioni maculari legate all’età (AMD).
Avvincente l’intervento del Prof. Henry Klassen (Medicine UC Irvine, USA), che ha presentato il primo studio di Fase II-b sulle cellule progenitrici retiniche nella cura della retinite pigmentosa. Lo studio presenta i risultati dell’iniezione intravitreale di cellule staminali che ha lo scopo di rallentare il decorso della retinite pigmentosa, aprendo le porte ad una possibile terapia.
ll Prof. Richard Kramer (University of Californa, Berkeley, USA) ha invece parlato di una nuova incredibile molecola, “photoswitch”, capace di rendere fotosensibili cellule retiniche di diversa natura, in retine prive di coni e bastoncelli, e di utilizzarle come surrogati di queste ultime, per ottenere una percezione visiva in soggetti che vivono in completa oscurità.
L’intervento del Prof. Benedetto Falsini dell’Università Cattolica S. Cuore di Roma e della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma, è stato sapientemente illustrato dal collaboratore Dr. Jacopo Sebastiani, a seguito della contemporanea partecipzione del Prof. Falsini alla commemorazione per la triste scomparsa della nota ricercatirce Dr.ssa Lucia Galli-Resta dell’Istituto di Neuroscienze del CNR di Pisa. Il Dr. Sebastiani ha spiegato il ruolo dell’elettrofisiologia nelle terapie emergenti delle patologie retiniche, introducendo nuove metodiche di valutazione funzionale (mediante l’elettrofisiologia) e i risultati clinici delle sperimentazione condotte in parte in partneship con l’NEI/NIH (National Eye Institute/National Insitute of Healt) di Bethesda, US.
Al termine dei lavori, ampio spazio è stato offerto ai pazienti per porre domande all’equipe di scienziati presenti in risposta alle problematiche relative alle disabilità visive presenti in sala.