Come assistente sociale, ho appreso con profondo sgomento e sincera solidarietà la notizia dell’aggressione subita dalle colleghe e colleghi di Ragusa e dalle forze dell’ordine intervenute. Leggere di un uomo armato di mannaia che si scaglia contro chi è lì per offrire aiuto e supporto lascia un segno indelebile e riapre una ferita purtroppo sempre attuale nella nostra professione.
In momenti come questi, sentiamo forte il peso della nostra vulnerabilità. Siamo quotidianamente in prima linea, spesso soli, ad affrontare situazioni di fragilità, disagio e talvolta, purtroppo, di aperta ostilità. Il nostro compito è tessere reti di sostegno, ricostruire ponti, offrire una mano a chi si trova in difficoltà. Ma come possiamo svolgere al meglio il nostro delicato lavoro se la nostra incolumità non è garantita?
L’episodio di Ragusa non è un caso isolato. Troppo spesso assistiamo a episodi di violenza verbale e, come in questo drammatico frangente, fisica nei confronti degli assistenti sociali. Questa realtà è inaccettabile e ci impone una riflessione seria e urgente sulle misure necessarie per tutelare la nostra sicurezza.
Esprimo la mia piena solidarietà alle colleghe e colleghi coinvolti, augurando loro una pronta ripresa dallo shock subito. Allo stesso modo, ringrazio sentitamente le forze dell’ordine per il loro tempestivo e coraggioso intervento, che ha evitato conseguenze ben più gravi.
Tuttavia, la solidarietà e i ringraziamenti non bastano. È giunto il momento che le istituzioni si facciano carico concretamente della protezione degli assistenti sociali. Abbiamo bisogno di politiche mirate, di protocolli di sicurezza chiari e di risorse adeguate per poter operare in un ambiente sereno e protetto.
Chiediamo con forza:
- Maggiori investimenti nella sicurezza degli operatori sociali: Questo può tradursi in formazione specifica sulla gestione delle situazioni di crisi, dotazioni di sicurezza adeguate e, dove necessario, la presenza di personale di supporto o di forze dell’ordine durante interventi particolarmente delicati.
- Riconoscimento del rischio insito nella nostra professione: È fondamentale che la nostra attività venga percepita per quello che è: un lavoro di cura essenziale ma che espone a rischi concreti. Questo riconoscimento deve tradursi in tutele legali e contrattuali adeguate.
- Implementazione di protocolli di intervento interistituzionali efficaci: La collaborazione tra servizi sociali, forze dell’ordine e servizi sanitari deve essere fluida e ben definita per garantire interventi coordinati e sicuri.
- Maggiore sensibilizzazione dell’opinione pubblica: È necessario contrastare la narrazione negativa che a volte circonda la nostra professione e promuovere una cultura del rispetto e della comprensione del nostro ruolo cruciale nella società.
La passione e la dedizione che animano il nostro lavoro non devono essere messe a rischio dalla mancanza di tutele. La nostra sicurezza è un prerequisito fondamentale per poter continuare a svolgere con efficacia il nostro mandato a sostegno delle fasce più vulnerabili della popolazione. Ci auguriamo che l’eco di quanto accaduto a Ragusa possa finalmente tradursi in azioni concrete e in un impegno tangibile per la protezione di tutte e tutti gli assistenti sociali.